Cyber Risk Management: strumenti e strategie per la valutazione del rischio

Il cyber risk management non elimina il rischio: lo rende visibile, misurabile e gestibile.
Un approccio strutturato ti aiuta a evitare danni economici e reputazionali, a difendere la continuità operativa e a giustificare le priorità di spesa.
In questa guida trasformiamo le fasi classiche — identificazione, valutazione, mitigazione e monitoraggio — in azioni concrete, con strumenti pratici e KPI per portare numeri in direzione.

Cos’è e perché conta
Il rischio cyber è la combinazione di probabilità che un evento accada e impatto che produce su processi, dati e persone.
Gestirlo significa allineare sicurezza e obiettivi aziendali, decidere dove investire e documentare le scelte.
Il risultato è un cruscotto che collega minacce, controlli e priorità di intervento.

Le 4 fasi del processo
1) Identificazione dei rischi
Raccogli asset e dipendenze: applicazioni, dati, infrastrutture, terze parti.
Mappa minacce tipiche (phishing, ransomware, errori umani, guasti) e vulnerabilità note (patch mancanti, accessi troppo ampi, backup non testati).
Output atteso: registro dei rischi con descrizione, owner, asset coinvolti e scenari.

2) Valutazione di impatto e probabilità
Stima l’impatto su fatturato, reputazione, compliance e operatività (fermi, SLA).
Attribuisci una probabilità realistica basata su dati interni (incident, audit) e fonti di settore.
Usa una Risk Matrix semplice (Basso/Medio/Alto o scala 1–5) per calcolare il livello di rischio e ordinare le priorità.

3) Mitigazione e controllo
Per ogni rischio scegli la strategia: mitigare (nuovi controlli), accettare (se sotto soglia), trasferire (assicurazioni), evitare (cambiare processo).
Collega ogni misura a un owner, una scadenza e un KPI.
Esempi: MFA per ridurre account takeover, segmentazione per contenere movimenti laterali, backup immutabili per accelerare il ripristino, formazione per tagliare il rischio umano.

4) Monitoraggio continuo
Il rischio cambia con tecnologie, fornitori e processi.
Imposta review trimestrali, controlli automatici (patch, EDR, log) e audit periodici.
Aggiorna il registro, chiudi le azioni, apri quelle nuove. La governance vive nel ciclo Plan–Do–Check–Act.

Strumenti utili: come usarli davvero
Risk Matrix
Rende confrontabili rischi molto diversi. Mantienila coerente: criteri chiari per impatto (economico, legale, operativo) e probabilità (storico eventi, esposizione, controlli esistenti).
Evita matrici “artistiche”: poche categorie, ma ben definite.

Framework ISO 31000
Cornice per principi, processo e ruoli del risk management.
Integra la valutazione con controlli tecnici di ISO 27001 o con il NIST CSF per tradurre i rischi in azioni operative.
Vantaggio: linguaggio comune con auditor e direzione.

Software GRC (Governance, Risk & Compliance)
Centralizza rischi, controlli, evidenze e scadenze.
Funzioni chiave: workflow, notifiche, mapping tra rischio–controllo–policy, dashboard per KPI e audit trail.
Parte piccolo: inizia con i rischi prioritari e pochi campi obbligatori, poi estendi.

Metriche che contano per la direzione

  • Rischio residuo per processo critico (prima/dopo i controlli).
  • % rischi alti con piano approvato e in esecuzione.
  • MTTD/MTTR per incidenti significativi.
  • Patch compliance su sistemi critici entro la finestra SLA.
  • Esito test di restore vs RPO/RTO.
  • Tasso di clic su phishing simulato e segnalazioni spontanee degli utenti.

Esempio pratico (mini-caso)
Rischio: blocco produzione per ransomware su file server.
Impatto: alto (fermo linea, penali, reputazione). Probabilità: media.
Azioni: segmentazione rete OT/IT, EDR con isolamento automatico, backup immutabili giornalieri, test restore mensile, formazione phishing al personale.
KPI: tempo di ripristino < 4 ore, copertura EDR 100% asset critici, phishing click rate < 5%.

Ruoli e responsabilità
CISO governa il processo e presenta i risultati; IT/OT implementano i controlli; DPO/Legal presidiano dati personali e compliance; Procurement gestisce rischi di terze parti; Direzione decide soglie e budget.
Formalizza una RACI per evitare ambiguità e accelerare le decisioni.

Rischi di terze parti e supply chain
Valuta fornitori su sicurezza, continuità, localizzazione dati e SLA.
Richiedi questionari, evidenze tecniche, piani di continuità e diritto di audit.
Inserisci clausole su notifica incidenti e tempi di ripristino.
Monitora almeno i fornitori “ad alto impatto”.

Errori comuni da evitare

  • Matrici complesse senza criteri chiari.
  • Registro dei rischi fatto una volta e mai più aggiornato.
  • Progetti tecnologici senza owner e scadenze.
  • Ignorare i rischi “soft” (formazione, processi) e concentrare tutto su tool.
  • Nessun test di ripristino: il backup vale solo se il restore funziona.

Roadmap 30–60–90 giorni
0–30 giorni: inventario asset e processi critici, primi rischi ad alta priorità, definizione criteri di impatto/probabilità, avvio registro.
31–60 giorni: piani di mitigazione con owner e KPI, quick win (MFA, patch urgenti, backup immutabili), primi report alla direzione.
61–90 giorni: integrazione in GRC, ciclo di monitoraggio attivo, test di crisi (tabletop) e aggiornamento della matrice.

Conclusione
Gestire il rischio significa scegliere bene dove investire e dimostrare l’efficacia con numeri chiari.
Con una matrice semplice, ISO 31000 come cornice e una piattaforma GRC leggera, puoi trasformare il rischio da minaccia vaga a piano d’azione misurabile.
Vuoi impostare registro, KPI e roadmap su misura dei tuoi processi? Gli esperti di Sfera Informatica possono supportarti con assessment, modellazione del rischio e implementazione GRC pronta per audit e direzione.

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